TEORIA, IPOTESI, DATI EMPIRICI E CARATTERI
Le teorie e le ipotesi
Una teoria può essere definita come un insieme di
proposizioni organicamente connesse, dotate di un alto livello di astrazione,
proposte per spiegare o dare ragione di determinati fatti empirici. Una teoria
si articola in una o più ipotesi specifiche; un'ipotesi è una supposizione
relativa a un determinato fenomeno o ambito di fenomeni, che si colloca a un
livello di astrazione minore della teoria e che è formulata in modo da essere
empiricamente controllabile. Un esempio è la teoria di Durkheim sul suicidio,
possiamo dedurre l'ipotesi che in tempo di guerra il tasso di suicidi
diminuisca perchè la difficoltà del momento rafforza i legami collettivi tra le
persone e aumenta quindi il livello di integrazione sociale.
Se manca la possibilità di un riscontro empirico,
l'ipotesi resta una semplice supposizione, per quanto interessante o
intrigante; per questo la sua formulazione deve essere tale da indicare
indirettamente le esperienze necessarie a controllarne la plausibilità.
I
dati empirici e la loro rilevazione
Nella ricerca i
"dati" sono le informazioni che il ricercatore si procura tramite
procedure di tipo empirico. Tali procedure si dividono essenzialmente in 2
tipi:
- sperimentali, cioè basate sull'uso di esperimenti;
- non sperimentali.
Si tratta di una questione di fondo, in quanto
l'esperimento differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca perché chi
ne fa uso non si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche
particolari, ma interviene attivamente sulla realtà da indagare, modificando
alcune condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento. Questa
procedura, isolando determinati fattori all'interno della situazione di
ricerca, riduce al minimo il rischio di distorsione dei risultati dovuto
all'intervento di variabili estranee; in più consente, a differenza della
semplice raccolta empirica dei dati, di cogliere nessi causali tra gli eventi.
Tuttavia il disegno sperimentale non è sempre praticabile: la decisione di
isolare determinate condizioni per analizzare in che modo il variare dell'una
incida su quello dell'altra, infatti, presuppone che tali variabili siano state
riconosciute come significative e importanti, e tale riconoscimento può
scaturire spesso solo da ricerche precedenti, condotte con metodi non
sperimentali. Inoltre il metodo sperimentale non si presta allo stesso modo per
tutti gli ambiti disciplinari: il suo impiego è frequente in psicologia, dove
costituisce il metodo principe di ricerca, in psicologia sociale, mentre è
difficile farne uso in antropologia e sociologia.
Se il ricercatore opta per una procedura non
sperimentale, deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizzare,
scegliendo la più consona al suo lavoro: Un'osservazione diretta dei soggetti
di studio, un'inchiesta su una popolazione condotta tramite interviste o
questionario, il ricorso a tecniche di rilevazione indirette come i questionari
autodescrittivi o i test.
L'osservazione è una tecnica di ricerca in qualche modo trasversale alle diverse scienze umane, anche per la sua estrema flessibilità e per la sua capacità di essere declinata in forme differenti. In antropologia è diffusa l'osservazione partecipante, in cui lo studioso si mescola ai soggetti osservati; in psicologia si opta spesso per osservazioni di laboratorio, condotte con protocolli rigidi e standardizzati. Altre procedure di ricerca, seppur utilizzabili in varie forme, si abbinano più agevolmente a specifici ambiti disciplinari.
ln sociologia è frequente l'uso di questionari e
interviste con cui si conducono inchieste, ossia si interpella una popolazione,
cioè un insieme di persone che condividono una certa caratteristica. Se la
popolazione è troppo ampia per condurre l'inchiesta in tempi ragionevoli, si fa
uso di un campione, cioè di un gruppo di soggetti che ne sia rappresentativo,
scelto con procedure di estrazione particolari.
Il test è uno strumento tipicamente usato dagli
psicologi, che sondano per suo tramite determinati tratti psichici. I
questionari descrittivi, collaudati in psicologia sociale per lo studio degli
atteggiamenti, sono oggi usati anche per la misurazione di altri tratti
interiori. Non esiste una tecnica in assoluto "migliore" di altre, ma
solo la più idonea a una certa situazione, purché ovviamente ne sia fatto un
uso metodologicamente corretto.
I caratteri e gli indicatori
- caratteri quantitativi, le cui modalità sono
quantità, espresse da numeri (l'età di una persona, il numero dei
componenti di un nucleo familiare, il tempo impiegato a svolgere un
determinato compito)
- caratteri qualitativi, le cui modalità sono
semplici categorie (lo stato civile, la nazionalità, il titolo di studio
ecc.)
I caratteri quantitativi sono:
- discreti o discontinui se i numeri che ne
esprimono le modalità appartengono all'insieme N dei numeri naturali (è il
caso dei numeri dei componenti di una famiglia: possono essere 2, 3, 4, 10
ma mai, 3,5 0 3/8);
- continui se le loro modalità appartengono
all'insieme R dei numeri reali (il tempo impiegato per svolgere un compito).
Tra i caratteri qualitativi ci sono quelli:
- ordinabili, le cui modalità possono essere
disposte in un ordine gerarchico (il titolo di studio),
- non ordinabili, in cui tale ordine non esiste (è
il caso della nazionalità o dello stato civile).
Spesso però nelle scienze umane lo studioso ha che
fare con realtà immateriali, intraducibili in grandezze fisiche: sono tratti
psichici e comportamentali, proprietà di individui e di gruppi. In questo caso
è necessario che il carattere che si intende rilevare sia definito in modo
concreto e puntuale, attraverso la messa a punto di quelli che vengono chiamati
gli indicatori, cioè i "dati spia" empiricamente riscontrabili che ci
consentono di rilevarne le modalità. Durkheim, nel suo studio sul suicidio,
scompone il carattere "integrazione sociale" nelle 3 dimensioni
dell'integrazione politica, religiosa e domestica, specificando quindi gli
indicatori empirici che definiscono ciascuna delle componenti.
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