I FLUSSI MIGRATORI DEL ‘900

 La delocalizzazione 

Due eventi storici in particolare stanno alla base di questa trasformazione:   

- la decolonizzazione;

- la crisi dei regimi totalitari a ispirazione comunista.

 

Con il termine decolonizzazione si indica il processo che negli ultimi 60 anni ha investito i paesi afroasiatici che si sono affrancati dal dominio politico ed economico degli Stati europei che li avevano occupati militarmente nei decenni precedenti.

Per capire a fondo il significato di questo fenomeno è però necessario ritornare brevemente alla seconda metà dell'Ottocento, quando molti Stati europei, mossi da fattori di natura economica e da motivazioni di ordine politico-ideologico, si avventurarono alla conquista del continente africano e rafforzarono i loro possedimenti in quello asiatico, già da tempo oggetto di iniziative di colonizzazione. Lungi dal sortire per gli Stati europei gli effetti sperati, la colonizzazione ebbe però conseguenze dirompenti sui paesi occupati. La spartizione dei territori avvenne senza alcuna considerazione delle tradizioni culturali e linguistiche preesistenti, con l'effetto di creare conflitti a livello locale o di acuire tensioni già presenti. Non meno devastanti furono, per i paesi colonizzati, le conseguenze sul piano economico, poiché le attività primarie furono piegate alle esigenze degli Stati colonizzatori, in particolare con la creazione dell'agricoltura di piantagione, finalizzata principalmente all'esportazione.

 


 Contemporaneamente le manifatture locali, non reggendo la concorrenza con la più attrezzata industria occidentale, subirono una brusca battuta d'arresto. Quando nel primo dopoguerra i paesi afroasiatici conquistarono gradualmente la loro indipendenza, le popolazioni locali si trovarono a dover fronteggiare una situazione di precarietà generalizzata: la carenza di strutture necessarie per un reale sviluppo economico (industrie, infrastrutture ecc.) e la frequente instabilità politica, spesso culminante in vere e proprie guerre civili, innescarono una serie di flussi migratori verso l'Europa, dove la ricostruzione post-bellica richiedeva ingenti quantità di manodopera. Inizialmente le mete preferite furono i paesi dell'Europa nord-occidentale: la Francia, la Germania, il Belgio, la Gran Bretagna. Nei decenni successivi, esaurito lo sforzo della ricostruzione, molte nazioni europee hanno cercato di porre un freno all'afflusso di immigrati; tuttavia i flussi migratori non si sono affatto arrestati, ma hanno semplicemente mutato destinazione: in particolare, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono diventate terre di immigrazione l'Italia, la Spagna e il Portogallo, dove lo sviluppo industriale e la carenza di manodopera locale in determinati settori del sistema produttivo richiedevano, e per certi versi richiedono ancora, l'afflusso di lavoratori stranieri.


 

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