LA DISOCCUPAZIONE
LA DISOCCUPAZIONE
In generale, si
può definire la disoccupazione come la condizione degli
individui che, pur essendo idonei a svolgere un'attività lavorativa e
desiderosi di lavorare, non trovano un'occupazione.
Tuttavia, la connotazione negativa che il termine assume in questa definizione è relativamente recente, e non solo nel caso italiano. La stessa evoluzione semantica, infatti, si riscontra anche in altre lingue: in inglese il termine unemployed, che traduciamo con "disoccupato", originariamente designava semplicemente "colui che non lavora", indipendentemente dal fatto che cercasse o meno un'occupazione.
Queste
oscillazioni di significato sono dovute principalmente a due fattori:
1. il fatto che la disoccupazione come problema sociale è un fenomeno
moderno, sconosciuto alle società preindustriali;
2. il fatto che di tale fenomeno sono state date, come vedremo, interpretazioni
molto diverse.
Gli economisti distinguono inoltre diversi tipi di disoccupazione:
- si parla di disoccupazione
frizionale per indicare l'esistenza, sempre presente nel mercato del
lavoro, di persone in cerca di un'occupazione, o, detto in altri termini, la
costante esistenza di uno scarto, anche minimo, tra popolazione attiva e numero
degli occupati. Si può presumere cioè che, anche in un periodo di crescita
economica, ci sia qualcuno che almeno per un breve periodo sia alla ricerca di
un lavoro;
- l'espressione disoccupazione
strutturale designa invece la mancanza di occupazione conseguente allo squilibrio
tra domanda e offerta di lavoro. Se in un certo contesto economico le aziende
richiedono lavoratori provvisti di certe competenze, ciò viene inevitabilmente
a escludere le persone che ne sono prive; viceversa, se diminuisce la domanda
di lavoro per un certo tipo di professionalità, molti lavoratori anche
qualificati possono rimanere senza lavoro.
A queste due
tipologie occorre poi aggiungere:
1.la disoccupazione
stagionale, conseguente al calo di produzione che fisiologicamente si verifica
in certi periodi dell'anno
2.la disoccupazione
ciclica, che fa capolino nei periodi di crisi economica, quando il calo della
domanda di beni e servizi fa diminuire la produzione, provocando
ripercussioni negative sull'occupazione
INTERPRETAZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE: COLPA INDIVIDUALE
Per molto tempo
la fiducia nelle regole del libero mercato - sottesa alla legge di Say e in
generale alle teorie economiche di ispirazione liberista - ha condizionato
l'approccio al mondo del lavoro e ai suoi problemi, influenzando in modo
rilevante anche l'opinione pubblica in materia.
L'idea che domanda e offerta di lavoro si armonizzino spontaneamente grazie
alle oscillazioni del costo del lavoro (cioè dei salari) porta infatti a
escludere, in linea di principio, la possibilità che esista della forza-lavoro
non occupata, se non per breve tempo e per ragioni contingenti. Quindi,
esisterebbe soltanto disoccupazione frizionale, e anche nel caso in cui il
fenomeno assumesse proporzioni maggiori e più durature, ciò sarebbe dovuto soltanto
alla cattiva volontà degli individui, che non cercano lavoro in maniera
adeguata o che non sono disposti ad accettare gli impieghi che vengono loro
proposti.
Questa concezione
ha contribuito, nella sua versione più grossolana, a diffondere nell'opinione
pubblica un vero e proprio pregiudizio, secondo il quale chi non trova un
impiego è responsabile della propria condizione, perché pigro o
eccessivamente pretenzioso.
Rispetto a questa
posizione non sono ovviamente mancate, fin dall'inizio, le voci di dissenso. David Ricardo,
fin dall'opera Sui principi dell'economia e della tassazione riconosce che
l'introduzione di nuovi macchinari può essere dannosa per i lavoratori, perché
provoca un'eccedenza di manodopera. Marx, nel Capitale, parla di collegamento
strutturale tra il fenomeno della disoccupazione e le dinamiche tipiche
dell'economia capitalistica, individuando nei disoccupati un "esercito di
riserva funzionale all'espansione produttiva. Tuttavia, malgrado tali critiche,
l'impostazione individualistica che attribuisce alla singola persona la responsabilità
del suo mancato impiego è stata a lungo dominante.
O PERSONALE
Solo in tempi più
recenti si è diffusa la percezione della disoccupazione come autentico problema
sociale, non liquidabile nei termini di una semplice scelta individuale: come
sostiene lo storico statunitense John Garraty, si deve alle società contemporanea
la "scoperta" della disoccupazione, se non addirittura la sua
"invenzione", nella misura in cui sono proprio tali società ad aver
contribuito a creare e ad aver riconosciuto i problemi specifici inerenti alla
domanda e all'offerta di lavoro.
Storicamente è stata la cosiddetta "grande depressione" successiva al crollo di Wall Street nel 1929 a infliggere, con i suoi 13 milioni di ex-occupati, un duro colpo ai sostenitori della teoria della "disoccupazione volontaria": il piano di riforme economiche e sociali promosso in tale circostanza da Franklin Delano Roosevel, presidente degli Stati uniti d'America dal 1933 al 1945, che predispose una serie di interventi pubblici mirati a incrementare l'offerta di lavoro, rappresenta in qualche modo l'esplicita e pubblica ammissione della tesi secondo cui il mercato non sempre riesce da sé a invertire la propria rotta.
A livello
teorico, una svolta decisiva a tale proposito è individuabile nell'opera Teoria
generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936) dell'economista
inglese John Maynard Keynes. La tesi di fondo di quest'opera è che la radice
sostanziale della disoccupazione sia da ricercare al di fuori del mercato del
lavoro, ossia delle semplici relazioni tra domanda e offerta della
merce-lavoro. Essa è legata piuttosto a quella che Keynes chiama domanda
aggregata ossia alla richiesta di beni e servizi formulata, in un dato
periodo, dal sistema economico nel suo complesso. Quando questa è debole,
perché bassa la percentuale di reddito che le persone decidono di dedicare a
consumi e investimenti il volume complessivo dell'occupazione diminuisce.
Ora, per
incrementare la domanda aggregata è necessario, secondo Keynes, l'intervento
dello stato, che aumentando la spesa pubblica favorisce la ripresa
dell'occupazione.
La teoria di Keynes che affonda le sue radici nel modello del Welfare State inaugurò un processo di responsabilizzazione del potere politico rispetto alle dinamiche del mercato del lavoro. Tale processo ha assunto diverse forme: nel corso del XX secolo la gamma degli interventi pubblici contro la disoccupazione si è andata ampliando, passando dall'assunzione diretta di nuovo personale alle dipendenze dello Stato per l'espletamento dei principali servizi pubblici all'erogazione di sussidi in favore dei lavoratori temporaneamente disoccupati (sussidi di disoccupazione), alle forme di integrazione del reddito per i lavoratori temporaneamente sospesi dall'attività produttiva (cassa integrazione guadagni).
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