IL MERCATO DEL LAVORO

 

IL MERCATO DEL LAVORO



Così come si parla di “mercato della casa” o di “mercato dell’auto” per indicare gli scambi che hanno per oggetto, rispettivamente, i beni immobili e le automobili, allo stesso modo si può parlare di mercato del lavoro per riferirsi agli scambi che hanno per oggetto qualunque forma di prestazione lavorativa. Alla base di questo concetto sta un’altra importante acquisizione della modernità, ovvero la nozione di lavoro salariato. 

Per noi può essere un fatto scontato che chi presta la propria opera per una qualsiasi attività riceva in cambio una retribuzione in denaro, che potrà poi spendere, almeno teoricamente, a proprio piacimento. Non sempre, però, è stato così. Lo schiavo antico, ad esempio, appartenendo al proprietario che l'aveva acquistato, ne dipendeva integralmente, anche per quel che riguardava le condizioni materiali di vita: era il "padrone" a procurargli il cibo, il riparo e ciò che era necessario a soddisfare i suoi bisogni primari. Neanche il servo dell'età medioevale riceveva un compenso pecuniario per la sua attività: i prodotti della terra che lavorava, pur essendo in larga parte destinati al signore, erano sufficienti a coprirne il fabbisogno.

Con la fuga dalle campagne avviata dal fenomeno delle recinsioni si crea invece una situazione differente: si forma infatti un gran numero di lavoratori liberi da rapporti di dipendenza personale, che possono quindi disporre di se stessi e offrire ad altri la propria opera in cambio di un compenso in denaro, con cui dovranno provvedere alle proprie necessità. Diversamente dallo schiavo e dal servo, il salariato è quindi un uomo giuridicamente, la cui subordinazione nei confronti del datare di lavoro è limitata alla sfera professionale, senza toccare l'ambito della vita privata. Tuttavia il lavoratore può lavorare solo se qualcuno gliene offra la possibilità assumendolo e corrispondendogli un salario. Egli inoltre è esposto a nuove forme di precarietà: prima fra tutte la precarietà di perdere il posto di lavoro che significherebbe la caduta in uno stato di miseria senza prospettive. 

DOMANDA E OFFERTA



L'economia politica classica considera il mercato come un sistema regolato dalla legge della domanda e dell'offerta, enunciata dall'economista Jean-Baptiste Say (1767-1832). Secondo Say questa legge


prevede che il prezzo di una merca vari in proporzione al variare della domanda, fino al raggiungimento di un punto critico in cui si inverte l'andamento. Ovvero: se molte persone sono interessate ad acquistare un certo prodotto, mentre sono poche quelle che lo vendono, il suo prezzo tenderà a salire, tanto da indurre nuove imprese ad avviarne la produzione; ciò porterà ad un momento in cui domanda ed offerta torneranno in equilibrio, e questo farà invertire la tendenza al rialzo dei prezzi. Se, invece, un certo prodotto è venduto da molte persone ma poche lo comprano, il suo prezzo scenderà fino a quando anche la sua produzione inizierà a diminuire, e questo porterà gradualmente in equilibrio il rapporto fra domanda ed offerta, consentendo nuovamente il rialzo dei prezzi. La legge di Say induce a credere nella capacità di autoregolazione del mercato, perché questo è in grado di equilibrarsi. Malgrado i limiti evidenziati nel corso del XX secolo (ad esempio grande depressione del 1929) il meccanismo della domanda e dell'offerta continua ad esercitare una forte funzione di orientamento nella gestione del mercato anche ai giorni nostri. 

L'ATIPICITà DEL MERCATO DEL LAVORO

Il mercato del lavoro è un mercato sui generis: prima di tutto è improprio parlare di "vendita" e di "acquisto" della forza lavoro, infatti un individuo che cede ad altri la propria forza-lavoro non si "vende" totalmente: egli si limita a sottoscrivere un impegno che successivamente dovrà onorare. Anche considerando la forza-lavoro come una merce alienabile al pari delle altre, la sua compravendita resta atipica, infatti nel caso del lavoro, l'oscillazione dei prezzi incontra limiti ben precisi: per quanto costretto a vendere la propria attività lavorativa, infatti, un essere umano non può cederla in cambio di una retribuzione inferiore a quella indispensabile per sopravvivere, perché se lo facesse in breve tempo non sarebbe più in grado di lavorare. Allo stesso modo non si può confidare in un rialzo sistematico del salario, poiché questo è frenata dalla possibilità pressoché illimitata di reperire nuova manodopera. Questa è la cosiddetta "legge bronzea dei salari" di Ferdinand Lassalle (1825-1864), già presente in T.
Malthus (1766-1834) e David Ricardo (1772-1823).


Secondo punto: un'impresa assume nuovi lavoratori non per consumo privato, ma perché, prevedendo di poter incrementare la vendita dei suoi prodotti, intende aumentarne la produzione; di contro non assume, o licenzia quando le vendite calano. In questi casi anche un abbassamento del prezzo del lavoro non servirebbe: se gli operai sono disposti a lavorare a salari più bassi non per questo aumenteranno le assunzioni., perché l'operaio pagato poco o tanto, avrà comunque prodotto una merce destinata a rimanere invenduta ed a aggravare le perdite di bilancio. Alla luce di queste considerazioni si può affermare che l'abbassamento del prezzo del lavoro non garantisce al lavoro il suo effettivo smercio: il mercato del lavoro si presenta quindi anomalo a tutti gli altri. 

COME SI MISURA IL MERCATO DEL LAVORO

La complessità del mercato del lavoro necessità di munirsi di criteri quantitativi di valutazione, ovvero indicatori che permettano di rilevare come si distribuisce il lavoro all'interno di una società. 

Il primo indicatore è rappresentato dalla popolazione in età lavorativa, ovvero la popolazione compresa tra l'età minima e la massima prevista per far parte del mondo del lavoro (in Italia età compresa tra i 16 e i 70 anni).


Per popolazione, o forza-lavoro, si intende quella parte di popolazione in età lavorativa che effettivamente lavora o cerca lavoro: si tratta di un numero inferiore rispetto a quello della popolazione in età lavorativa, poiché esclude gli studenti, i pensionati, le casalinghe, gli invalidi e in generale tutti coloro che non lavorano o non cercano lavoro.

I dati così ottenuti vanno messi a confronto e danno luogo ad altri importanti indicatori:

- il tasso di attività, che designa il rapporto percentuale tra popolazione attiva e la popolazione in età lavorativa;

- il tasso di occupazione, costituito dal rapporto tra il numero degli effettivi occupati e la popolazione in età lavorativa;

- il tasso di disoccupazione che indica il rapporto tra il numero dei disoccupati e il complesso della popolazione attiva.


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